L’acrilammide è l’ammide dell’acido acrilico, un composto potenzialmente cancerogeno con tossicità per il sistema nervoso e riproduttivo, che può provocare mutazioni del DNA aumentando il rischio di tumore.
È una sostanza che può formarsi in modo del tutto naturale durante la cottura, a temperature superiori a 120°, di prodotti amidacei contenenti zucchero e l’aminoacido asparagina, come patate, caffè, pane, fette biscottate, biscotti, cereali e pizza.
Per monitorare ed evitare la formazione di acrilammide in cottura bisogna seguire precisi accorgimenti che riguardano i metodi e i tempi di cottura degli alimenti e la scelta delle materie prime. Il contenuto è maggiore quando il prodotto alimentare sviluppa un colore più scuro in seguito alla cottura. Ad esempio, la crosta nera del pane sviluppa una quantità di acrilammide pari a 200 microgrammi/kg, mentre la crosta nera delle patate arriva fino a 2.000-10.000 microgrammi/kg.
L’Efsa (autorità europea per la sicurezza alimentare) consiglia di non conservare le patate crude in frigorifero e di lasciarle in ammollo nell’acqua per almeno 30 minuti prima della cottura; di preferire farine raffinate addizionate con altre fibre (es., farina di bambù) alla farina di segale e a quelle integrali che producono maggiori quantità di acrilammide; controllare sempre che il colore degli alimenti sia dorato e non marroncino.
Se queste sono le buone norme da applicare a casa, a cuochi, pasticceri, pizzaioli ed industrie alimentari il nuovo Regolamento Europeo impone di inserire nel piano HACCP la valutazione del rischio di formazione di acrilammide relativo al proprio lavoro e le strategie messe in pratica atte a ridurre la formazione di questa sostanza cancerogena.
Il Regolamento UE 2158/2017 stabilisce misure per attenuazione dei livelli di acrilammide. Già esistono i riferimenti per prodotti da forno, caffè e altri prodotti sottoposti a tostatura così come anche prodotti fritti e sono in corso studi per attuare misure di controllo e prevenzione anche sui cibi per l’infanzia.