La caffeina è una sostanza presente in natura in molte piante ma, come ben sappiamo, viene spesso aggiunta anche ad alcune bevande, un esempio fra tutte la Coca-Cola. Una volta ingerita viene rapidamente metabolizzata e agisce contrastando l’effetto sedativo che hanno alcuni recettori presenti nel cervello quando sono attivati.
L’assunzione eccessiva di questa sostanza, provoca conseguenze negative sul sonno in quanto impedisce di addormentarsi, riducendo così il tempo e di conseguenza la qualità del sonno. L’Agenzia nazionale francese per la sicurezza sanitaria alimentare, dell’ambiente e del lavoro (Anses) ha individuato come gli effetti della caffeina variano in relazione all’età, al sesso e alle abitudini di consumo.
È stato evidenziato come alcune malattie, in particolare quelle del fegato, rallentano il metabolismo della caffeina, aumentando gli effetti collaterali, come ipertensione, malattie mentali, incontinenza urinaria e fecale, ulcera, esofagite, malattia da reflusso gastroesofageo. Questa variabilità negli effetti sull’organismo complicano l’analisi del rischio e la determinazione di livelli di consumo standard.
Per chi assume molta caffeina c’è il rischio di sviluppare una vera e propria dipendenza, come avviene per l’acool, tabacco o cannabis. Tra gli effetti negativi di questa sostanza c’è la tachicardia, dovuta all’aumento della pressione sanguigna. Secondo l’Anses, infatti, soprattutto durante l’esercizio fisico, il consumo di questa sostanza presente in molte bevande energizzanti, consumate appunto per aumentare le prestazioni fisiche, è un fattore di rischio cardiaco nelle persone predisposte.
Nell’ambito della valutazione dei rischi associati al consumo di bevande energetiche, l’Anses raccomanda di:
- moderare il consumo di bevande contenenti caffeina;
- preferire quelle contenenti caffeina naturale (tè, caffè, ecc) a quelle arricchite artificialmente;
- non abbinare caffeina e alcol;
- non associare caffeina e attività fisica;
- essere particolarmente vigili per quanto riguarda l’assunzione da parte di donne in gravidanza o in allattamento, di bambini e adolescenti, persone sensibili ai suoi effetti o in presenza di alcune patologie (disturbi cardiovascolari, psichiatrici e neurologici, insufficienza renale, grave malattia del fegato, ecc.).