Prima dell’emergenza Coronavirus, a lavorare da casa in Italia si contavano circa 570 mila persone. Dopo l’esplosione della pandemia, nel giro di due settimane, secondo i dati riportati dal Ministero del Lavoro, il numero dei lavoratori che hanno adottato lo smart working è aumentato in modo significativo.
Molti lavoratori hanno dovuto riadattare il proprio stile di vita e di lavoro e spesso lavorare da casa ha comportato una serie di vantaggi sia per l’azienda che per i dipendenti: minori giorni di assenza, minori costi, maggiore rispetto delle scadenze, maggiore efficienza sul lavoro, possibilità di stare più tempo con la famiglia, mangiare sano e praticare esercizio fisico.
Nonostante questi vantaggi, però, alcune ricerche recenti hanno rilevato come questa nuova tipologia di lavoro tenda a diminuire lo spazio fisico e psicologico tra vita privata e lavorativa, rendendo il lavoratore iperconnesso, aumentando il rischio da stress da lavoro-correlato.
Alcune interviste effettuate a campioni di lavoratori hanno evidenziato come molti di questi:
- Abbiano lavorato almeno un’ora in più al giorno: ossia circa 20 ore (quasi 3 giorni) in più al mese;
- Abbiano iniziato le giornate in anticipo per terminarle più tardi, andando oltre le canoniche 8 ore;
- Si siano sentiti spinti a rispondere più rapidamente e ad essere disponibili online più a lungo del normale;
- Si siano sentiti più ansiosi e stressati per il proprio lavoro rispetto a prima;
- Abbiano avuto difficoltà a staccare la spina a fine giornata.
Tutti questi segnali evidenziano come si possa incorrere nel rischio di sviluppare una sindrome da Workaholism, termine coniato da Oates, come unione delle parole “work” (lavoro) e “alcoholism” (alcolismo).
Con questo termine si vogliono indicare le persone la cui necessità di lavoro è diventata così forte che può costituire un pericolo per la loro salute, la felicità personale, le relazioni interpersonali e il funzionamento sociale.
I sintomi più ricorrenti nel Workaholism sono:
- Tempo eccessivo dedicato volontariamente e consapevolmente al lavoro (più di 12 ore al giorno, compresi week end e vacanze) non dovuto a esigenze economiche o a richieste lavorative;
- Pensieri ossessivi e preoccupazioni collegati al lavoro (scadenze, appuntamenti, timore di perdere il lavoro);
- Poche ore dedicate al sonno notturno con conseguenti irritabilità, aumento di peso, disturbi psicofisici;
- Impoverimento emotivo, sbalzi di umore e facile irritabilità;
- Sintomi di astinenza in assenza di lavoro (ansia e panico);
- Abuso di sostanze stimolanti come la caffeina.
Negli ultimi decenni, la tecnologia ha reso il Workaholism più diffuso che mai: l’era digitale, le caratteristiche e le modalità del lavoro odierno comportano nuovi rischi per il lavoratore.
Per questo, anche se lavorare da casa sembra un’ottima strategia per fronteggiare una crisi di qualsiasi natura, agevolando l’azienda e il lavoratore, non bisogna dimenticare di porre la giusta attenzione alle vulnerabilità lavorative e alle conseguenze negative che lo smart working comporta per la salute dei lavoratori.